Scappo dal caos del mondo
al limitare della città,
i muri si aprono sull’azzurro, l’asfalto sul verde,
cerco un rifugio
luminoso, aperto, silenzioso
dove posso respirare, finalmente, il mondo .
La quiete del pomeriggio che si fa sera
tra le sfumature del tramonto,
la brezza danza tra le foglie del salice,
cammino a piedi nudi sull’erba
fiori gialli mi fanno il solletico.
Sorrido
e il mondo è parte di me.

martedì 18 agosto 2020

Il Km zero

C’è un cippo sul bordo del mare, a picco sulla scogliera.
La stessa conchiglia gialla su fondo blu. Ma un numero: zero.
Se non proprio la fine del mondo, la fine del cammino.
E in qualche modo, la fine del mondo, il mondo come lo si conosceva prima di arrivare fino a qui.

Forse non a caso il kilometro zero è anche uno stile di vita.
Un mondo piccolo, come quello che si attraversa camminando, ma proprio per questo ancora più aperto perché alimenta la condivisione.

Oggi è di moda contrapporre il globale al locale, il bio al chimico, l’eco al tecno, e così via. Sempre più si stressano le differenze, quasi fosse un mondo solo bianco o solo nero senza altri colori possibili.
Penso che ogni integralismo sia sbagliato di per sé. Come insegna la pittura, a mescolare i colori si ottengono tonalità inattese e bellissime.
Essere a km zero o green o che dir si voglia, per me significa semplicemente: rispettare se stessi e il mondo attorno.

Che nel quotidiano si converte in pochi e semplici aspetti: usare la bici al posto dell’auto. Comprare frutta e verdura di stagione dall’ortolano vicino a casa, che vende i prodotti dei suoi campi, o dal mercatino di quartiere. Quando possibile andare a far spesa a piedi, che i negozi a portata di piede non mancano. Non soccombere al superfluo.
E ancora: autoproduzione.
Un piccolo orto o alcuni vasi in giardino danno enormi soddisfazioni: ortaggi ed erbe aromatiche freschi e profumati, con un sapore non dissipato dai kilometri percorsi e dai soggiorni un po’ troppo lunghi a temperatura controllata.
Si impara ad apprezzare la stagionalità. Si impara la pazienza, il non avere tutto subito. Per cui lo si apprezza ancor più quando arriva. Si impara una sorta di progettualità: essiccare gli aromi per averli durante l’inverno, fare la salsa, surgelare i piselli.
E ancora: dedicarsi alla cucina – la galenica domestica.
Fare in casa yogurt e ricotta. Preparare il dado vegetale con tutte le verdure fresche e gli aromi dell’orto. Prendere la frutta di stagione e trasformarla in marmellata cento per cento frutta.
Soprattutto, fare il pane, con tutta la sua magia.
Alla fine della giornata, quando i rumori della città si quietano e tutto sembra rallentare un po’, fermarsi finalmente. Fare un respiro profondo, socchiudere gli occhi, cogliere le sfumature d’occidente.

Lo stesso tramonto che si adagia nel mare al “kilometro zero”.

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