Un nido che parlava di me, cresciuto con la me che era diventata grande, intriso delle belle sensazioni che lì dentro si erano accumulate. La mia casa. Casa, home.
Ma avevo bisogno di aria, che lo sguardo corresse aperto all’orizzonte.
Forse un cambiamento anche fisico.
Ho trovato un disegno di quattro muri con un rettangolo di giardino intorno e un altro rettangolo, più grande, esterno. Niente intorno per parecchi metri quadri.
Quattro muri nuovi che non erano miei, non li sentivo miei. Dopo una casa che era la mia casa, quei quattro muri non erano miei. Ma il rettangolo intorno, un rettangolo che presto sarebbe diventato verde. Uno spazio di puro ossigeno, con lo sguardo verso il tramonto.
È stato il rettangolo verde che ho sentito casa, ancor prima che i quattro muri.
Ma è il rettangolo verde che mi fa respirare.
Il salice che è cresciuto da solo, all’angolo della siepe, e regala ombra nella brezza dei pomeriggi d’estate. I tippete che vengono a fare colazione nel prato. I pollastri curiosi verso noi bipedi e quello che coltiviamo nei vasi.
Silenzio e cicale.
Verde e azzurro.
Con lo sguardo verso il tramonto
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